Opera e magistero di Carlos López Cortezo: una presentazione [Juan Varela-Portas de Orduña]

Table of contents

Dati bibliografici

Autore: Juan Varela-Portas de Orduña

Tratto da: "I passi fidi". Studi in onore di Carlos López Cortezo

Editore: Aracne, Roma

Anno: 2020

Pagine: 23-37

[...]

1. Anni ’90: la svolta metodologica

A mio parere, il momento chiave della carriera accademica e intellettuale di Carlos López Cortezo si produce a Madrid nel 1993, quando nel VI Congreso Nacional de Italianistas presenta la sua relazione «Los símiles en la Divina Commedia», che segna un prima e un dopo nella sua produzione per quanto implica una svolta metodologica radicale. In esso, López Cortezo spiega per la prima volta il carattere analitico e allegorico delle similitudini nella Commedia – esemplificando brevemente con quelle di Inf. XXXIII 46- 51 (il molin terragno), XVI 94-105 (l’Acquacheta-Montone) e XXIV 1-21 (il villanello) –, iniziando, come abbiamo già accennato, quello che – anche a rischio di cadere nella mitizzazione – credo possiamo considerare un nuovo modo di leggere la magna opera. In esso, si capisce che tutti gli elementi della descrizione o della azione apparentemente eccedenti a livello narrativo e descrittivo – cioè a livello letterale – non si trovano nel testo come abbellimento o sfogo poetico ma come chiavi per il transfert a un altro livello di significato:

«A estas alturas hay que preguntarse si esta clase de símiles que he llamado analíticos deben ser considerados únicamente en cuanto a su relación con la realidad a la que explícita y literalmente son referidos o si, además de ésta, poseen otra función mucho más importante en el plano signifcativo, respecto a la cual ninguno o muy escasos elementos pueden ser tachados de superfuos. En esta dirección llevamos años trabajando en el seminario de Estudios Dantianos, con resultados sorprendentes, habiendo llegado a la conclusión de que estos símiles tan complejos nos remiten, mediante la alegoría, a la problemática o realidad que se aborda en los episodios en los que fguran, como es el caso del citado Canto XXIV. En síntesis, son auténticas claves para la interpretación, que nos revelan aspectos inéditos y fundamentales de la Commedia, y deben ser analizados desde una perspectiva alegórica, desmenuzándolos elemento por elemento».

Questa scoperta – che 25 anni dopo crediamo perfettamente confermata dagli studi successivi di López Cortezo e di altri membri di quella che è stata chiamata Scuola di Madrid – apre alla fne dell’articolo un vero e proprio programma di ricerca da svolgere nel futuro immediato alla pubblicazione:

«Creo que los símiles analíticos que hemos considerado son buena prueba de esta infuencia y debo añadir que el fenómeno afecta a otras áreas de la obra que deberán ser analizadas sistemáticamente –y de hecho ya lo están siendo– como los acontecimientos históricos y políticos narrados o simplemente aludidos en el diálogo o fuera de éste, la cornice de los episodios, los paisajes, los mitos, los gestos, etc. Todo ello, me atrevo a afrmar, es objeto de alegorización, según hemos podido comprobar haciendo algunas calas en el texto, las sufcientes sin embargo para poder entrever que por esa senda deberá marchar una renovada flología dantiana».

Infatti, seguendo questo programma di studi, qualche mese dopo questo intervento ma ancora nello stesso anno di 1993, in una relazione tenutasi nel congresso della Asociación Hispánica de Literatura Medieval, López Cortezo allarga lo “sguardo allegorico” a altri elementi che saranno d’ora in avanti determinanti nelle sue analisi – la topografa, il contrappasso, gli elementi impliciti e espliciti, i gesti, i personaggi mitologici… –, per riformulare la struttura morale dell’Inferno. In questa breve presentazione non possiamo soffermarci nell’analisi del nuovo modo di analizzare il testo dantesco che si svolge in questo articolo fondamentale, ma vorremmo almeno segnalare che dai suoi articoli danteschi precedenti a questo qua si è realizzato un profondo salto qualitativo grazie al quale il restauro semantico non si limita alla letterarietà del testo ma ai significati astratti – di tipo morale, filosofico o teologico – ai quali si accede attraverso la esegesi delle immagini che il testo verbale produce nell’immaginazione del lettore:

«Todas estas consideraciones son pertinentes en cuanto que son inmanentes al texto, aunque en parte de un modo implícito, y nos conducen no sólo a poder entender su sentido literal, que sin ellas quedaría incompleto, sino también el alegórico. Pero habrán observado que al hacerlas no he tenido en cuenta algo en lo que el poeta hace especial hincapié, el tema del nudo. En efecto, Dante, para entregar la cuerda a Virgilio, tiene que deshacer previamente el nudo (“Poscia che l’ebbi tutta da me sciolta”), acción que aunque obvia en el plano literal, adquiere relevancia signifcativa en el alegórico. Y además se la da de nuevo anudada (aggroppata), extremo que no se justifca desde una óptica estrictamente narrativa, perteneciendo, en consecuencia, al nivel alegórico de sentido y constituyéndose en señal o aviso, interpretable por el lector, de que el pasaje posee también otros sentidos que no afectan sólo al nudo sino a todos los elementos que intervienen en el ritual [Inf. XVI 106-114], Dante y Virgilio incluidos».

Da questo momento in poi López Cortezo, senza realizzare una vera e propria rifessione teorica metodologica – visto che continua a essere innanzi tutto un analista di testi –, sparge in una successione di impor tanti articoli – che chiameremo metodologici – tutta una serie di considerazioni sul metodo che stava creando e insegnando. Nel 1996 scrive sulla gesticulatio come via di penetrazione nella comprensione del canto x dell’Inferno e del “disdegno” di Guido. Nello stesso anno, allarga il concetto di restauración semántica ai «livelli di senso non letterali del testo». Nel 1998 – ma pubblicato nel 2000 – ritorna sulla distinzione fra quello che il testo “dice” e quello che “vuole dire”, ma in un modo più articolato, in un intervento dal titolo significativo. Nel 1999, riprendendo di nuovo il concetto di restauración semántica, sottolinea l’importanza di fissare accuratamente il senso letterale del testo prima di passare ai sensi allegorici, come lo stesso Dante stabilisce. Nel 2000 – ma solo pubblicato nel 2011 – teorizza sulla interpretatio nominum, stabilendo alcune

«modalità di applicazione dell’interpretatio al testo e ai suoi diversi gradi di espansione:

1. - Le interpretationes non sempre coincidono con l’etimologia.

2. - Il principio “nomina sunt consequentia rerum” permette a Dante presentare i fatti (res) – reali o inventati – che determinano un nome omettendo questo.

3. - A volte omette non solo il nome ma anche parzialmente i fatti.

4. - L’anonimato in certi casi risponde al contrappasso – come succede con gli ignavi – ma non fino al punto di infrangere la volontà esemplificatrice di Dante non limitata ai peccati, ma che esige anche dei peccatori identificabili dal lettore (cfr. Pd.XVII, 136-142: Però ti son mostrate… l’anime che son di fama note…).

5. - L’interpretatio può essere contestualmente puntuale, ma delle volte possiede una forza espansiva tale da investire un intiero canto (caso di Ciacco) o persino tutta la Commedia (Beatrice o il proprio Alighieri: lat. aliger, ‘alato’)».

Ma forse il più importante intervento metodologico di questo ricchissimo periodo si dà di nuovo a Madrid nel 1996 e viene pubblicato nel 1998. In esso, López Cortezo fa una brillante ricapitolazione di alcuni principi basici del suo metodo:

«In primo luogo – anche per l’ovvietà –, che i personaggi che ci sono presentati a livello letterale, perdono la propria identità nei livelli allegorici: in questi sono “un’altra cosa”.

In secondo luogo, che i diversi elementi – in questo caso [If. XXVI 25-33] gli animali – differenziati a livello letterale, allegoricamente possono costituire una unità di significato (tutti sono “insetti”).

In terzo luogo, il carattere polisemico di questi elementi, che permette che possano funzionare nei quattro livelli [letterale, allegorico, morale, anagogico].

In quarto luogo che, quanto a livello letterale è metafora o, come in questo caso perifrasi, va considerato non soltanto perché rinvia globalmente ad un riferimento che deve essere interpretato allegoricamente, ma vanno analizzati secondo questa prospettiva anche gli elementi che la o le compongono.

Infine, e forse è anche il punto più importante, che nell’interpretazione di una similitudine è necessario aver presente, oltre a quello che si dice esplicitamente, quanto viene mantenuto a livello implicito, poiché possiede una forte funzione significativa».

A questi articoli metodologici degli anni ’90 si devono aggiungere altri due posteriori ma appunto perciò forse più consapevoli: l’intervento nel convegno di Salta (Argentina) nel 2004, dove López Cortezo – oltre a fare un percorso attraverso lo svolgimento dei lavori del gruppo di Madrid – riassume i principali elementi che configurano il «testo analitico» che è la Commedia; e l’importante articolo del 2008 sui miti nella Commedia, in cui, insieme all’analisi dei principali personaggi mitologici dell’Inferno (Caronte, Minosse, Flegiás, Erinni, Medusa, Gerione, Giganti), López Cortezo crea la cruciale distinzione fra personaggi mitologici attanti e non attanti o congiunturali – quelli menzionati in similitudini e altri interventi di Dante-commentatore –, e all’interno dei personaggi mitologici attanti, i non strutturali – quelli che si presentano come altri condannati non mitologici (ad esempio Ulisse o Capaneo) – e gli strutturali – quelli che svolgono una funzione demarcativa nella struttura topografico-morale dell’Inferno, distinguendosi a loro volta fra gli strutturali semplici che rappresentano un solo peccato (Cerbero, Plutone, Flegiàs, Giganti), e i macrostrutturali (Minosse, Erinni, Medusa, Gerione) che rappresentano intere zone topografico-morali della fossa infernale –, fra i quali personaggi mitologici strutturali sono anche da segnalare i personaggi mitologici eferenti o trasportatori, come Flegiàs, Gerione o Anteo, che mettono in rilievo la struttura dinamica della Commedia. Alla fine degli anni ’90 quindi l’opera e il magistero di Carlos López Cortezo hanno cambiato in modo fondamentale: ormai non è più un professore che usa le armi della semantica strutturale, della pragmatica, l’ermeneutica e la stilistica per l’analisi di testi di diversi autori ma è diventato un vero e proprio “dantologo” che ha a sua disposizione un metodo proprio che permette di raggiungere risultati molto importanti e innovativi, una materia specifica di Filologia Dantesca che era riuscito a incorporare nella laurea di Filologia Italiana della Università Complutense di Madrid, un Seminario permanente e una Asociación in cui svolgere il suo magistero accompagnando di pari passo le sue ricerche, e un gruppo di ricercatori, allievi e compagni, che seguono e sviluppano il suo metodo lungo tutta l’opera di Dante. E ciononostante, Carlos López Cortezo sente ancora, in quegli anni finali del secolo, «la soledad […] y el aislamiento científico más absoluto». Non ci vorrà molto tempo per che questa situazione cambi completamente.

2. Anni 2000 e 2010: gli anni di Tenzone

Il cambiamento verso l’internazionalizzazione della ricerca di López Cortezo e il suo gruppo non sarebbe stato possibile senza due fattori concomitanti: da una parte, il vincolo accademico e di amicizia – nato a metà degli anni ’90 – con i colleghi della Societat Catalana d’Estudis Dantescos, e specifcamente con Rafaele Pinto, Rossend Arqués e Eduard Vilella, che avevano già in quel momento proficui rapporti con la accademia italiana, rapporti che noi madrileni – più topicamente castigliani e introversi – non avevamo in tanta misura, e di cui avremmo da approfittare nella prima decade di questo secolo; dall’altra parte, la fondazione da parte di López Cortezo della rivista Tenzone, che presto diventa un punto di riferimento anche per autori italiani e latinoamericani. La storia è stata raccontata già diverse volte dai suoi protagonisti, per cui limiterò il mio percorso allo sviluppo dell’opera di López Cortezo, senza soffermarmi sulla continuazione del Seminario de Dantología, lo sviluppo della rivista, i convegni organizzati coi colleghi catalani fra le due associazioni catalana e madrilena, e la nascita nel 2006 del Gruppo Tenzone – formato dai gruppi catalano e madrileno e, in più, da importanti professori italiani (Emilio Pasquini, Umberto Carpi, Enrico Fenzi, Natascia Tonelli, Simonetta Teucci, e posteriormente Anna Zembrino, Paolo Borsa, Giuseppe Marrani) – che continua ancora il suo lavoro in comune.
Una volta affermato il metodo di indagine e analisi, López Cortezo lo dirama e sviluppa in almeno quattro direzioni, senza però smettere di continuare ad approfondire le analisi degli episodi infernali a lui sempre cari e, più ampiamente, della struttura morale dell’Inferno dantesco, che si allarga alla considerazione del proemio alla Commedia, dell’Antinferno e del Limbo.
In primo luogo, applica il suo metodo all’analisi della Vita nuova, mettendo in rilievo la struttura flosofca che sottostà alla peripezia apparentemente “letteraria”, ma anche le implicazioni teologiche e metapoetiche che possiede la fgura di Beatrice come figura Christi, cioè come conoscenza e intelligenza e come “Verbo”. Questo lo porta a una prima esegesi che spiega il confitto fra Beatrice e la donna gentile e la genesi della Commedia:

«La misteriosa muerte de Beatrice […] supone elevar el objeto de su deseo, Beatrice, hasta el mismísimo Dios. Y es aquí donde se nos manifesta con claridad uno de los rasgos primarios del signifcado de Beatrice: el del conocimiento o inteligencia que, en cuanto fgura Christi, se suma al de ‘Verbo’. Con su muerte Dante se propone signifcar un reto: su pretensión de alcanzar, en esta vida, ese conocimiento o visión de Dios en que, según S. Agustín, pero también Averroes, consiste la beatitud o felicidad plena […], conocimiento que más tarde, en la Commedia, estará representado imaginariamente por la Beatrice que contempla a Dios. El conficto estriba en que ese conocimiento está situado en la otra vida y él está en ésta: de aquí el periodo de tristeza que sigue a la muerte de la gentilissima (Cv. II, XII) y que precede a su encuentro con la donna gentile o intento flosófco de alcanzar lo inalcanzable. En efecto, si la flosofía es ‘amor a la sabiduría’, la que Dante personifca en la donna gentile es de este mundo y no del otro, entrando en conficto con el concepto bíblico de sabiduría, que no es de este mundo sino del otro».

In questo modo, López Cortezo arriva anche alla comprensione di un disegno allegorico della Commedia, la quale, attraverso il contrasto con la Consolatio di Boezio, che struttura la narrazione di Virgilio in Inf. II e l’intervento di Beatrice sulla cima del Purgatorio, presenta un viaggio, un volo, in cui

«“maestra de todas las virtudes” no es la Filosofía, sino Beatriz, y lo que es más importante, en el mismo pasaje Virgilio atribuye a Beatriz, con exclusividad, el poder o virtud que Boecio atribuye a la Filosofía: “Oh dama de virtud por quien supera / tan sólo el hombre cuando se contiene / bajo el cielo de esfera más pequeña” (II, 76-78); es decir, Beatriz es la única que puede hacer que los humanos trasciendan lo contenido por el cielo de la luna, esto es, la tierra. En síntesis, es la única capaz de elevar al hombre al mundo supralunar. Ahora bien, esta marcada exclusividad la enfrenta a la Filosofía de Boecio, que no sólo se atribuye el mismo poder, sino que le promete elevarle hasta el Empíreo, hasta el mismísimo Dios».

Questo viaggio quindi non ha solo un valore letterale ma anche un signifcato allegorico, in cui Virgilio non sta solo per la ragione, come indica la tradizione, ma piuttosto per “la poesia razionale” – una poesia di stampo aristotelico più che platonico –:

«Lo cierto es que, al contrario de lo que acontece en El consuelo de la Filosofía de Boecio, en la Commedia es un poeta –es decir, la poesía– el encargado de llevar al personaje hasta la felicidad de esta vida, representada alegóricamente por el Paraíso terrenal […]. Más aún, es un poeta el que aparta a Dante del camino iniciado –su frustrada subida ‘flosófca’ a la colina– proponiéndole un viaje alternativo que, en cuanto guiado por él, no puede ser sino poético, teniendo siempre en cuenta el signifcado ‘racional’ del Virgilio dantiano (alegoría de la razón, en cuanto que literalmente ‘sabio’: Dante se dirige a él llamándole indistintamente “poeta” o “sabio”) que sin duda le distingue de la concepción platónica de la poesía, aproximándole más a la aristotélica».

Che la partita si giochi nel territorio dei rapporti fra poesia, filosofa e teologia è dovuto al fatto che, previamente, si gioca nel territorio dell’immaginazione. Dante ha capito, secondo López Cortezo, che le limitazioni della nostra capacità intellettiva per capire le sostanze separate sono dovute alla sua dipendenza dalla immaginazione, che è virtù organica, cioè corporale, e che, quindi, se la mens umana deve viaggiare fino alla conoscenza di queste sostanze deve farlo in imaginatione, e cioè col corpo:

«El problema, por consiguiente, queda centrado en la imaginación y en la dependencia que el intelecto tiene de ésta, sin la cual no hay conocimiento posible, y mucho menos de Dios, que es una substancia separada de materia […] es la aceptación de estos límites intelectuales,48 la que empuja al poeta a escribir la Commedia: una obra de fcción, sí, pero donde se establece esa necesaria colaboración entre imaginación e intelecto, sin la cual no hay conocimiento humano».

È chiaro perciò che il viaggio della Commedia dev’essere un viaggio dell’immaginazione – e così è titolato un intervento del 2004 nel Seminario Internacional Complutense “La aventura de viajar y sus escrituras”: «La Divina Comedia: el viaje de la imaginación», alla fine non pubblicato –, e per fondamentare questa idea López Cortezo trova l’appoggio importantissimo del capitolo XVIII del Benjamin minor di Riccardo di San Vittore, che lo fa rendersi conto che nel disegno della Commedia Dante e Virgilio prima, e Dante e Beatrice dopo, formano due unità a livello allegorico: rispettivamente l’immaginazione non senza la ragione e l’intelligenza non senza l’immaginazione. Dante-personaggio è cioè un’allegoria dinamica dell’immaginazione che lungo il suo percorso acquisisce prima le caratteristiche della ragione, passando così da immaginazione animale all’inizio del viaggio a immaginazione razionale all’arrivo sulla cima del purgatorio – in un processo che potremmo chiamare la “virgilizzazione di Dante” –, e poi lungo il volo astrale le caratteristiche dell’intelligenza ispirata o illuminata, diventando così immaginazione intellettuale – e cioè “la beatrifcazione di Dante” –, in un ossimoro che segna radicalmente la visione fnale, una visione intellettuale immaginata nel sogno in cui è incorniciata tutta la peripezia narrativa:

«el elemento constante, permanente y central es Dante – la imaginación – que es llevado – o, alegóricamente, llevada – hasta la meta de su viaje. En síntesis, es la imaginación la protagonista del poema. Pero habrá que aclarar en seguida que lo imaginado por el poeta, racionalmente primero e intelectualmente después, presupone no sólo su creencia en Dios sino también su fe en la inmortalidad del alma y en la otra vida; es decir, la gracia, un elemento que no fguraba en el pasaje del Convivio anteriormente citado [III iv 9].

Para terminar, quisiera observar que es muy probable que Dante se basase en este vínculo entre imaginación-razón e inteligencia-imaginación, para hacerlo extensivo, por analogía, al de poesía (imaginación)-flosofía (razón): buena prueba de ello es la Divina Commedia».

Attraverso le sue analisi puntuali, López Cortezo arriva quindi a un abbozzo di disegno allegorico della Commedia, che porta con sé due altre conclusioni implicite di capitale importanza: primo, che la struttura della Commedia – anche se lui si sofferma soprattutto su quella infernale – è una struttura dinamica, progressiva, in cui le zone di frontiera o liminari hanno un rilievo cruciale, per quanto suppongono la concatenazione a livello psicologico ed etico – ma anche metapoetico e politico – dei diversi episodi cioè dei diversi peccati puniti o purgati. In questo modo i peccati che si trovano nella parte superiore della fossa infernale sono, sì, meno gravi, ma anche la causa dei peccati successivi, in modo che il percorso verso il fondo dell’inferno è un percorso lungo il processo di degrado psichico ed etico dell’essere umano:

«si un incontinente no logra satisfacer su deseo, lo intentará conseguir mediante la violencia, y si así no lo consigue, se servirá de la astucia; es decir, ‘actuará’ las tres disposiciones aristotélicas, que constituyen la macroestructura del inferno dantiano, representadas por Minos (la incontinencia), las Furias (la bestialidad) y Medusa (la astucia)».

Così, nella lettura di López Cortezo l’unità “episodio” raggiunge più rilievo che l’unità “canto”, e la componente narrativa più ancora che la componente “poetica”. Questa dinamicità riguarda, come abbiamo indicato, anche il ruolo semantico-allegorico di Dante-personaggio, che, come a livello letterale “impara”, a livello allegorico si trasforma in direzione razionalizzante e intellettualizzante.
Nel 2006 si costituisce – in una riunione celebrata appunto nel domicilio familiare di López Cortezo e Pura Guil – il Gruppo Tenzone, che incomincia lo studio sistematico delle quindici canzoni distese, a partire dalle fondamentali scoperte fatte da Domenico De Robertis nella sua edizione critica. In questo studio collettivo López Cortezo ha realizzato diversi apporti fondamentali, dei quali riassumerò qui telegraficamente soltanto quelli che a mio parere sono i più importanti.
Il primo che vorrei segnalare è l’innovativa esegesi della allegoria di Tre donne, per la quale le tre donne della canzone sono – attraverso il mito delle sorelle Ore – Diche, la giustizia, Eunomia, il buon governo, e Irene, la pace, e il mito della loro generazione nel paradiso terrestre allegorizza la necessità, con la perdita dell’innocenza e la temperanza, della conversione della giustizia interiore, naturale dell’essere umano in stato di innocenza, in giustizia politica che si proietta in buon governo e pace – il che, oltre a un processo politico, è anche uno psicologico. Questo, unito anche a una lettura innovativa del secondo congedo, porta a interpretare la canzone non come una resa di Dante di fronte ai Neri ma come un’offerta di mutua intesa e perdono.
Il secondo è la lettura della lettera a Moroello Malaspina che accompagna la canzone “montanina” e che, a mio avviso, fornisce argomenti di grande peso in favore dell’esistenza di un Libro delle Canzoni compilato dallo stesso Dante, che sarebbe il vero regalo, e non solo la singola canzone, che avrebbe inviato al marchese. L’interpretazione della parola oraculum, inoltre, permette di caratterizzare questo “libro” come un insieme unito in virtù di un senso allegorico, che è quello che si vuole trasmettere al destinatario della epistola per fargli capire perché ha dovuto rinunciare al suo servizio e, con esso, alla scrittura del Convivio, e si avvia oramai a quella della Commedia. Il Libro delle canzoni sarebbe, in questo senso, un antefatto che spiega la scrittura della magna opera.
Questo porta inesorabilmente alla questione che sta alla base dei dibattiti e dei contrasti interni del Grupo Tenzone, in cui López Cortezo conduce il gruppo dei cosiddetti “allegoristi integrali”, cioè di quelli che pensano – pensiamo – che le canzoni dantesche degli anni ’90 sono tutte originariamente allegoriche, e che Dante nel Convivio non fa una operazione di “falsificazione allegorica”, come vogliono i “letteralisti” – moderati o integrali che siano – ma caso mai una certa correzione di rotta – tutto sommato frustrata – all’interno della narrazione filosofia originaria delle canzoni. Nei suoi tre articoli sulle canzoni del Convivio, 56 López Cortezo dimostra che esiste un parallelismo perfetto fra il linguaggio amoroso e le sue corrispondenze filosofiche, per cui la comprensione come rapporti gnoseologici filosofici di quello che nella lettera delle canzoni si presenta come rapporto amoroso “sentimentale” o sessuale risulta completamente naturale e di una decodificazione – che tra l’altro si retrotrae all’episodio della pietosa della Vita nuova – tutt’altro che artificiosa, come credono invece i “letteralisti”. In questo modo, per López Cortezo le canzoni commentate nel Convivio costituiscono quel tentativo frustrato di “salire il colle” della speculazione che poi nel proemio della Commedia si allegorizzerà con ben altre immagini.

Date: 2022-09-21