La Medusa dell'Inferno dantesco di Francesco Cipolla (rec) [Raffaello Fornaciari]

Dati bibliografici

Autore: Raffaello Fornaciari

Tratto da: Bullettino della Società Dantesca Italiana

Numero: I

Anno: 1893-94

Pagine: 131-132

Francesco Cipolla, La Medusa dell'Inferno dantesco. Negli Atti del R. Istituto Veneto di sc., lett. ed arti, S. VII, t. V, disp. 1a, pp. 52-55

Nulla di nuovo ci offre il signor Cipolla in questo breve articoletto, anzi ritorna, sostanzialmente, alle vecchie spiegazioni dell’allegoria contenuta nel passo, tanto contrastato, della Medusa dantesca e del minacciato pietrificamento di Dante. «Medusa, egli dice, non significa nessuna passione in particolare, ma, in certo modo, le significa tutte, in quanto portano l’induramento morale: pietrificano l’anima nel male». E prima aveva detto «Dante era stato presso a morte nella selva selvaggia. A sua salute era corto ogni argomento, fuori che il viaggio oltramondano. Tutto ha significazione morale. L’induramento del cuore - quell’ induramento di cui parlano le Scritture — gli avrebbe tolto questo scampo unico. A questo scopo le Furie mirano; perciò chiamano Medusa». Trova poi conferma a tale spiegazione nel verso petrarchesco:

Medusa e l’error mio m’han fatto un sasso
D'umor vano stillante,

e nel commento del Boccaccio, del quale riporta l’interpetrazione del passo quistionato.
È per altro da avvertire che per il Boccaccio Medusa non rappresenta veramente «le passioni» ma i beni mondani o, per usar le parole stesse di lui «gli ornamenti terreni, da’ quali e’ traggono (gli uomini) quella durezza che gli convertisce in pietra»: e il Petrarca dicendo che Medusa l’ha fatto un sasso, intende certamente della bellezza femminile, dalla quale è stato tratto in errore. E così tutto torna bene, inquantochè le Furie (che il Cipolla prende come simbolo delle passioni), si valgono dei beni e della bellezza mondana per cambiare in sasso chi troppo li guardò. Laddove, se le parole dell’autore si pigliasser letteralmente, ne verrebbe che le Furie, simbolo delle passioni, mostrerebbero a Dante Medusa simbolo di tutte le passioni, il che non darebbe un senso ragionevole.
Del resto anch'io, negli Studj su Dante, Milano, 1883, pag. 71 e segg., spiegai Medusa per i beni o piaceri mondani, e riportai le stesse parole del Boccaccio di cui si vale pure il Cipolla: ma da lui differisco, inquanto nelle Furie, invece delle passioni in generale, trovo l'invidia, per le ragioni che sono lungamente svolte nel luogo indicato. E certo il contesto, non meno che la tradizione dei commentatori antichi, si accorda meglio con questa spiegazione della Medusa, che con le altre, secondo le quali la Gorgone sarebbe il terrore, o l'eresia, o il dubbio, o altra simile cosa astratta.

Date: 2022-01-20