Aristotele e la lettera [Beryl Smalley]

Dati bibliografici

Autore: Beryl Smalley

Tratto da: Lo studio della Bibbia nel Medioevo

Editore: Edizioni Dehoniane, Bologna

Anno: 2008

Pagine: 421-422

[…] San Tommaso aveva portato l’esegesi cristiana a una fase in cui i precetti dell’Antico Testamento potevano essere oggetto di studio scientifico. Nello stesso tempo, dava contenuto all’insegnamento dei padri, secondo i quali l’Antico Testamento era una storia ordinata all’educazione religiosa.
Possiamo riscontrare l'effetto di questi mutamenti di indirizzo tanto nella scienza politica che nell’esegesi. Quando Dante, discepolo dei Domenicani, volle mostrare la fallacia dei famosi argomenti del sole e della luna e delle due spade, si trovò in una posizione di gran lunga più solida di quanto non si fosse trovato Stefano Langton: corrispondono proprio perfettamente le proprietà del sole con quelle della Chiesa? Egli non considera le parole in se stesse, ma l’intenzione dell’autore. È proprio vero che Mosè intendesse che le luci più grandi e quelle più piccole si riferissero ai rapporti tra Chiesa e Stato? Il suo racconto della Creazione rende improbabile un'ipotesi del genere. La norma è «accidentale» all'uomo ed è conseguenza della sua caduta. Perché allora dovrebbe essere introdotta prima ancora che si parli della Creazione dell'uomo? Così, per l’argomento delle due spade, Dante ci rinvia al contesto: le parole «venda il suo mantello e compri una spada» (Lc 22, 36) furono rivolte ai Dodici, ed erano un avvertimento perché si preparassero alla persecuzione. La parola «basta» non stava a significare che le due spade fossero il numero giusto, ma va integrata con le parole: «poiché non ne avete altre».
Il carattere di san Pietro come risulta dai quattro Vangeli, rende improbabile che egli stesse usando la parola «spada» in un senso diverso dal suo Maestro: le sue risposte erano sempre dirette, immediate, irriflessive, corrispondenti alla sua sincerità e alla sua «naturale purezza e semplicità». Se comunque le parole devono essere comprese typice allora esse devono riportarsi a un testo parallelo: «Non sono venuto a portare la pace ma la spada» (Mt 10,34). San Pietro pensava a questa guerra spirituale, quando rispose: Ecco due spade: intendeva che i Dodici erano pronti a combattere con la parola e con l'azione1.
Questa non è una concessione all'«interpretazione spirituale»; non assomiglia affatto alla soluzione escogitata dal Langton. Dante pensa ancora all'intenzione del suo autore: typice, per lui, significa «metaforicamente» e perciò fa parte dell'interpretazione spirituale; in tutto il corso della discussione egli sostiene che un argomento, per essere valido, dev'essere fondato sull'intenzione dell'autore. Se, concedendo il massimo possibile, il sole, la luna e le due spade hanno un significato metaforico, allora non dobbiamo dedurlo da uno studio del contesto e chiederci come lo intendesse Mosè o l’evangelista. Come san Tommaso, Dante usa i sensi spirituali in poesia, ma non nell’argomentazione.
Sia san Tommaso che Dante ci esprimono l’avvenuto mutamento con l’incisività del loro genio.

Notes
1
E. Moore e W.E. Reade, Dante: De Monarchia, Oxford 1916. III, 8-9, 369- 370.
Date: 2021-12-22